martedì 18 agosto 2009

Essere-per-se'


Il tempo passa - complice il caldo, forse anche la solitudine agostana, mi degnero' di riapparire su questo blog. Non che vi sia nulla di particolarmente rilevante dall'ultimo scritto. In realta' mi sono dedicato poco sia a cinema che a letteratura, quindi sono davvero poche le cose che mi hanno risvegliato interesse e passione.
In un onirico sprazzo di follia, ho cercato di recuperare un poco di strumenti intellettuali - riprendendo letture esistenzialiste. Ed e' stata davvero follia, poiche' mi sono ritrovato arenato su un tomo sartriano che mi ha messo duramente alla prova, tanto che alla fine ammetto: di sicuro ne ho capito solo una parte parziale. E mi domando cosa abbia spinto un uomo intelligente come Sartre a scrivere, secondo una certa tradizione analitica, in modo cosi' complesso; considerando come fosse in grado di veicolare e far comprendere - anzi far vivere - quanto pensava utilizzando altri strumenti, basti pensare al romanzo "La nausea".
In ogni caso, quei concetti che sono riusciti a superare la barriera di ignoranza e altri sedimenti cerebrali, sono stati molto stimolanti. E' un bene di tanto in tanto ricordarsi che oltre a vivere sarebbe meglio anche pensare a perche' e a come si vive.

Leggendo "Essere e Nulla" (1943) una delle cose che mi ha colpito e' proprio il concetto per cui il nulla non e' qualcosa che ci permea, all'esterno, quel vuoto che ci limita e delimita e che ci divide da tutto il resto, dall'altro; e' invece qualcosa di intimamente legato alla nostra esistenza, e' dentro il nostro modo d'essere, tanto che e' proprio il nostro non essere qualcosa - piuttosto che l'esserlo - a definirci e a darci la dimensione che forse piu' propriamente sentiamo come umana, ovvero la liberta'. Sartre descrive il nostro modo d'essere, quello esperito e percepito dalla coscienza, come l'essere-per-se' che descrive (non troppo semplicemente) come essere cio' che non si e', ed non essere cio' che si e'. Al presente, noi siamo, eppure non siamo pienamente: cerchiamo di essere, progettiamo di essere, talvolta speriamo di essere qualcosa, ma quello che poi saremo non e' certo ne' gia' scritto. Da qui, la liberta' - ma anche l'angoscia, derivata da essa dal momento in cui facciamo esperienza di tutti i nostri possibili essere (e non-essere) futuri e possibili.

Insomma, semplificando - di molto - mi viene da pensare che noi tutto sommato non siamo, eppure questo nulla, questo non essere, ci definisce tanto quanto quello che siamo. E certo, rimuginando mi pare che Sartre abbia descritto ottimamente la dimensione dell'angoscia come sentimento naturale rispetto a tutto cio' che potremmo essere e che in fondo dipende solo e solamente da noi. Pensandoci troppo la cosa mi spaventa, e anche molto, e potrebbe portare verso una paralisi di fronte all'infinita' di possibili esseri futuri. Talvolta questa liberta' di costruire il nostro essere futuro invece che incoraggiare l'iniziativa puo' avere questo effetto.

Oltre questo punto, ci sono pero' altri passaggi su cui mi piacerebbe riflettere di piu' perche' non mi convincono appieno - e onestamente questo avviene perche' per fortuna il mio essere vegano mi ha portato ad interiorizzare almeno in parte una avversione innata verso le facce piu' palesi dell'antropocentrismo. In particolare, per quanto riguarda Sartre dovrei rielaborare meglio quanto scritto sulla dimensione dell'essere-per-altri, la quale porta alla certezza dell'essere degli altri uomini, attraverso l'analisi di alcuni sentimenti come la vergogna.

Ora, andando per sommi capi e riassumendo molto, se come dice Sartre un sentimento innato come la vergogna discende direttamente dalla nostra modalita' di essere-per-altri che implica in maniera ovvia l'esistenza degli altri, non riesco a comprendere: se per me - cosi' come e' vero - uccidere un animale per mangiarlo e' profondamente sbagliato, e se lo facessi me ne vergognerei profondamente, come si concilia questo con il fatto che nella realta' sociale in cui vivo questo atto non e' in realta' biasimato? E non me ne vergognerei anche senza esperire il mio essere-per-altri, ovvero se considerassi me e solo me stesso di fronte a tale atto?

Comunque sia, erano solo alcune riflessioni notturne. Buone per tenere il cervello in allenamento. Cerchero' di continuare con le letture, sperando di incontrare sul mio cammino letture un briciolo piu' accessibili del Sartre filosofo.